I farmaci nella letteratura
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“Oppio, ipercacuana, etilmorfina e tintura di belladonna. No, non mi convince. Forse prenderò borato, mentolo e cocaina. Però volendo c’è anche quel ricostituente all’arsenico che è la gioia dei miei bambini, mentre per il nonno sarebbe meglio un opoterapico con un po’ di sostanza cerebrale, ipofisi e testicoli essiccati. Signor farmacista, lei cosa mi consiglia?”
Se siete rimasti basiti circa la frase precedente, avete tutta la mia comprensione. Anch’io quando muovevo i primi passi in quella terra di nessuno che è la storia del farmaco italiano, mi sembrava di avere a che fare con qualche intruglio medievale o da quacchero ciarlatano del vecchio West. E invece era la normalità del Novecento, anni Cinquanta per la precisione…. (Giulia Bovone).
Giulia riesce abilmente a costruire attraverso la letteratura quanto di più prezioso vi è racchiuso attraverso la memoria. Fa rivivere, tangibilmente “quelle scatole”, rispolverando aneddoti e particolari di cui oggi s’è persa la consapevolezza originaria. Un viaggio che porta il lettore a percorrere un lato nuovo di quanto era nascosto nelle “pubblicità”, ripercorrendo tra le righe di capolavori letterari, un prodotto farmaceutico racchiuso ed un mondo che riesce a raggiungere il letto del malato o a dare una spiegazione ufficiale/ufficiosa celata ai molti.
(Dulcinea Annamaria Pecoraro).
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